VII Festival “Mario Lanza” a Filignano (16/19 agosto 2002)

Romina conquista tutti

pubblicato su IL CORRIERE DEL MOLISE

Si è svolta a Filignano dal 16 al 19 agosto la settima edizione del Festival “Mario Lanza”. Le prime due giornate dedicate al sesto concorso internazionale per voci liriche, la terza al concerto dei vincitori e la quarta a un recital di Katia Ricciarelli. Cominciamo dalla fine. Come guardarla? Con tenerezza, con comprensione (non diremo compassione) o piuttosto con indulgenza? Comunque la si voglia mettere, un epilogo bruttissimo, il recital del 19.

Fra gli addetti ai lavori non si discute ormai più sul “se”, ma solo sul “quando”, sul “come” e sul “perché” la Katia nazionale abbia smesso di essere una cantante lirica per diventare una “ex”, abbia cioè visto deperire e decadere una delle voci più belle ed espressive della scena operistica internazionale del dopoguerra, cristallina e solare interprete verdiana dapprima (anni ’70), lucida e insospettatamente agile primadonna rossiniana in seguito (anni ’80). Noi che addetti ai lavori non siamo – e non siamo in vena di sparare sulla Croce Rossa (Croce Rossa vocalmente parlando, s’intende, non certo politicamente o altro) – ci fermiamo qui, non prima di avere però ribadito che operazioni come questa non danno nulla alla vita culturale di una comunità né sono in grado di ampliare la diffusione e la conoscenza della musica e della lirica in particolare. Sono – questo sì – mere occasioni mondane e presenzialiste, buone ad ampliare soltanto il grado di visibilità di personaggi che con la cultura hanno poco o niente a che fare e dai quali, se investiti dei relativi poteri, pare non arrivi neanche un centesimo di finanziamento a manifestazioni dell’importanza del “Mario Lanza”, quello vero, come lamentato dai reggitori della cosa pubblica filignanese. Serate come quella in questione sono piuttosto in grado di offuscare quel che di buono – tanto - si era visto nelle giornate precedenti.

Per contrastare tale rischio veniamo dunque al Concorso, punto di forza della manifestazione, creatura del sindaco Michel Rongione, cui piace sottolineare - appunto - che essa riceve finanziamenti solo dai biglietti venduti al botteghino e dagli sponsor.

Diciamo subito che si è trattato di una bella edizione, molto interessante, che ha posto all’attenzione dei melomani almeno una voce di sicuro avvenire. Parliamo dell’albanese Romina Bace. Il giovane soprano lirico ha donato ai presenti più di un momento di emozione pura. Abile amministratrice del proprio tesoro vocale, la Bace ha incantato i presenti, sia nella chiesa di S. Pasquale Baylon, a Cerasuolo, il giorno delle prove eliminatorie (16 agosto) sia la sera del 17, nella finale di Piazza Municipio, con un brano di non frequentissimo ascolto, la “Berceuse” dall’opera “Jocelyn” del compositore francese Benjamin Godard. L’aria, dolce e dalla trama lineare ma insidiosa in quanto giocata tutta sulle capacità espressive dell’interprete, ha dato modo a Romina di mettere in mostra le proprie doti di fraseggio, estensione, tenuta, intonazione e soprattutto dosaggio della voce, calibrata con sensibilità e perizia rare al servizio delle più varie necessità espressive. Ogni nota ha ricevuto il giusto rilievo, anche l’ultima, attaccata non benissimo nella prova eliminatoria ma prontamente riallineata al livello – eccellente – di tutte quelle che l’avevano preceduta, evidente segno di maestria. Un altro delizioso momento è stata l’aria “Sì, mi chiamano Mimì” dalla “Bohème” pucciniana. Raramente ci era capitato di ascoltarla eseguita con tanta commovente partecipazione.

Eppure alla Bace, già in attività nel suo paese (sarà Musetta in “Bohème” questo settembre all’Opera di Tirana) è andato solo il secondo premio. A penalizzarla, verosimilmente, potrebbero essere stati la scarsa familiarità con la nostra lingua (a differenza di quanto mostrato nell’uso del francese) e i relativi problemi di dizione e di pronuncia. Ciò tuttavia non ha impedito alla giuria internazionale, presieduta dal petacciatese Stefano Memma, di manifestare la propria considerazione offrendo a lei alcune opportunità ad altri negate, quali il contratto che la vedrà impegnata nella prossima stagione operistica di Anversa. Per inciso, sono queste chances più che altro i veri motivi di interesse e le autentiche attrattive del concorso lirico molisano. Certamente più delle ridicole somme di danaro destinate ai vincitori (ma - che volete? - bisognava risparmiare per concedersi il gran botto finale…). Per la Bace è in arrivo anche un’audizione alla Scala di Milano.

Ad aggiudicarsi il primo premio è stato un altro soprano, la giapponese Yukari Inoue, bellissima voce, vellutata, omogenea, che ha eseguito l’aria di Suzel da “L’amico Fritz” di Mascagni alle eliminatorie e, in finale, “Dove sono i bei momenti” da “Le nozze di Figaro” di Mozart e “Un bel dì vedremo” da “Madama Butterfly” di Puccini con eleganza, sicurezza e ottima pronuncia, non disgiunte però da qualche leggero errore d’intonazione, specie nelle scale discendenti. Il terzo premio è andato al coreano Park Tae Jin, straordinario nell’aria da “Il paese del sorriso” di Franz Lehar, che gli ha fruttato anche il premio speciale “Mario Lanza”, destinato ai tenori che si cimentano nel repertorio del tenore-attore italoamericano, non pienamente convincente invece in altre interpretazioni. La sua voce rotonda, calda e suadente ha conquistato il pubblico della finale, che gli ha tributato anche un gran numero di voti validi per il premio speciale del pubblico, istituito quest’anno. In questa speciale classifica si è piazzato al secondo posto, dietro Romina Bace. A volte il pubblico (quanti scozzesi!) mostra di non trovarsi lì per caso. Tra l’altro, nell’assegnare il terzo posto, ha ricordato alla giuria la presenza, in questo concorso, di un’altra bravissima cantante, la francese Florence Vinit, autrice forse della più perfetta fra le performances in sede di eliminatorie con una esecuzione dell’aria di Margherita dal “Faust” di Gounod davvero impeccabile, ma tradita in finale dalla pur scioltissima voce durante l’esecuzione dell’aria di Pamina da “Il flauto magico” di Mozart e comunque sorprendentemente esclusa dalla triade dei vincitori di questa edizione. Nel complesso, però, il lavoro della giuria è apparso sostanzialmente corretto e le decisioni abbastanza comprensibili.

Ci piace sottolineare, in conclusione, il fondamentale apporto, qualitativamente elevato e quantitativamente impressionante, dato al buon esito della manifestazione dal pianista accompagnatore, il M° Sergio La Stella, del Teatro dell’Opera di Roma. Abbiamo seguito la sua giornata di lavoro venerdì 16. Mattinata di prove con i cantanti, pomeriggio dedicato all’accompagnamento dei concorrenti nelle prove eliminatorie, 56 in tutto, uno solo con un proprio pianista di fiducia. Se si considerano le 3 o 4 assenze, compensate e superate dall’esecuzione di un secondo brano da parte di alcuni candidati, si ha un’idea del lavoro sostenuto da questo musicista, circa una sessantina di brani eseguiti con sensibile attenzione alle caratteristiche vocali dei cantanti, sostenuti e pienamente valorizzati, per un totale di quasi 5 ore di musica spezzate da un solo breve intervallo. Alla fine, fresco come una rosa. Mostruoso. Pienamente meritata l’ovazione tributatagli dall’ammirato pubblico la sera della finale.

Beckmesser

 

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